LUOGO: Escuela Superior de Diseño, Madrid

DATA: 16 – 19 novembre 2015

ORGANIZZAZIONE: Julia Vallespin e José Marìa Canalejas Dìaz

Pensar el Jardin è il workshop di avvio alla progettazione e all’autocostruzione di una parte del giardino della Escuela Superior de Diseño (ESD/MADRID) dove sono già attivi numerosi altri laboratori di La Escuela Crece guidati da Recetas Urbanas per la definizione del nuovo ampliamento dell’edificio scolastico.

Il workshop è stato suddiviso in due fasi distinte. La prima ha riguardato la progettazione vera e propria: gli studenti, divisi in gruppi di lavoro, si sono dedicati inizialmente alla valutazione e all’analisi del contesto, partendo da un accurato sopralluogo e dall’indagine delle esigenze di chi frequenta la scuola. Spunti, idee, suggestioni su possibili destinazioni, utilizzi e potenzialità sono stati raccolti e raccontati in un unico grande pannello all’ingresso della scuola. In tanti hanno espresso la necessità e il desiderio di uno spazio condiviso dove trovarsi per mangiare, lavorare, studiare, magari all’ombra di qualche albero o di un pergolato, con panche e tavoli, sdraio e amache.

Con queste indicazioni i diversi gruppi di lavoro hanno sviluppato un’idea in sintonia con lo spirito costruttivo e sperimentale del workshop. L’obiettivo era quello di realizzare tutti gli elementi del giardino con materiali poveri o riciclati e costruire tutto con tecniche semplici e facilmente replicabili. Le numerose ipotesi progettuali sono state in seguito oggetto di un’analisi collettiva per evidenziare e far risaltare tutti gli elementi più interessanti da utilizzare per la costruzione del giardino.

Con alcune conferenze tematiche, insieme alla parte progettuale si è sviluppata anche una parte più teorica, con una riflessione generale su una serie di casi studio di riqualificazione urbana attraverso diverse tipologie di progetti/processi/azioni in un percorso unico ed eterogeneo, un’occasione e uno strumento per pensare il giardino urbano come fondamentale elemento identitario e di condivisione: dalla nascita dei primi community gardens di New York agli orti pensili di Mumbai, dalle diverse modalità di partecipazione e appropriazione nella progettazione di orti e giardini urbani alle installazioni e performance di artisti e paesaggisti che lavorano nello spazio pubblico, fino al riuso di materiali poveri e riciclati e alle piante rustiche e ruderali.

Il workshop è quindi stato un’occasione per esplorare le innumerevoli modalità contemporanee di rigenerazione, riorganizzazione e riconfigurazione degli spazi aperti di prossimità. L’obiettivo è stato quello di fornire agli studenti gli strumenti critici e operativi necessari alla progettazione ma volti anche alla comprensione, all’attivazione, alla diffusione e all’efficacia reale dei processi partecipativi. Con una visione non sistematica, ma aperta ed esplorativa, il workshop ha quindi voluto indicare possibili terreni di indagine e nuovi strumenti conformi a un oggetto in costante divenire, il giardino, per cercare di disegnare la mappa delle possibili interpretazioni dello spazio pubblico nella città contemporanea. Già dagli anni ‘70 numerose pratiche legano quartieri marginali, spazi morti del paesaggio urbano e aree abbandonate a una nuova tipologia di verde pubblico con progetti e realizzazioni caratterizzati da condivisione, sperimentazione e innovazione, con interventi a basso costo, pratiche semplici di giardinaggio urbano e azioni partecipate. Oggi questo modello continua a evolversi e diffondersi anche grazie a un corpo di idee che lega il giardinaggio urbano a un progetto e una teoria intorno ai quali il consenso di paesaggisti, artisti e architetti è sempre maggiore. La creazione di un ambiente in dinamica continua, la biodiversità, l’identità fanno parte ormai di un trend che vuole rispondere a una sensibilità per l’ambiente sempre più acuta e diffusa, preoccupata da scenari caoticamente urbanizzati, ma anche a una forte esigenza di nuovi spazi verdi che coinvolgono la comunità e migliorano le condizioni di degrado urbano e sociale.

Con il workshop si è dato così avvio a un nuovo laboratorio di sperimentazione, che non si deve limitare alla progettazione e alla realizzazione del giardino ma che deve proseguire nel tempo: l’idea è infatti quella di creare uno spazio all’aperto, bello e funzionale, ma anche flessibile, adattabile a molteplici esigenze. Solo così questo giardino non sarà uno spazio statico e stabile, ma versatile, mobile e magari anche smontabile, insomma progettato per adattarsi a necessità diverse e a cambiamenti continui. D’altronde i giardini sono sempre e comunque luoghi provvisori proprio per quell’aspetto di dinamicità ed eterogeneità continua, parte della natura che si modifica continuamente, al di là dell’intervento dell’uomo. Questa maniera di pensare alla natura, al giardino e alla vegetazione costituisce una straordinaria occasione per creare nuovi modelli che portano a ripensare il giardino come il luogo attivo per eccellenza e con un importante ruolo culturale e sociale, come alternativa al verde urbano tradizionale non più in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini.