FRUTTA E FRUTTETI A ROMA

 

Alberi da frutto produttivi o ornamentali costituiscono storicamente uno degli elementi peculiari del territorio romano, e rappresentano ancora oggi una componente essenziale di quello che è riconosciuto oggi come il più ampio contesto dei valori paesaggistici e della rete ecologica delle città.

Fin dall’età arcaica, l’assetto urbanistico di Roma riflette la tradizionale vocazione agricolo pastorale, le mura di Roma racchiudono alberi da frutto presenti nei terreni dipendenti dalla casa riservati alla coltura intensiva dei prodotti di consumo giornaliero, il cosiddetto heredium che occupa un posto privilegiato insieme al focolare e al tetto.

La presenza degli alberi da frutto permane anche dopo il II secolo d.C., e tra le specie più diffuse ci sono il fico (Ficus carica), il melograno (Punica granatum), la vite (Vitis vinifera) e l’olivo (Olea europaea).

Molti spazi compresi dalle antiche Mura Aureliane sono stati per secoli dei vuoti, lacerti di campagna coltivata o giardini di ville, anch’essi in parte coltivati. A seconda che crescessero entro recinti, in vigne, orti, giardini o parchi si trovavano, in diversi periodi, ulivi, alberi da frutto e agrumi che hanno rappresentato nel tempo una risorsa importante per la sussistenza della città. (Calzolari, 1991). A partire dai primi decenni del ‘900, le piante da frutto, soprattutto aranci, cachi e nespoli, sono state frequentemente utilizzate nei giardini privati e pubblici come elementi ornamentali. A conferma dell’interesse polifunzionale, didattico, paesaggistico ed ecologico, li troviamo ancora oggi in città, diffusi nelle diverse tipologie del sistema del verde urbano: come eredità del passato, nei giardini delle ville e dei parchi storici, nei complessi religiosi, nelle aree archeologiche, nelle riserve naturali protette e nelle aree dell’“Agro Romano” che si incuneano ancora nel tessuto urbano; di nuovo impianto, negli orti urbani più o meno regolamentati, nei piccoli giardini e spazi verdi di vicinato, lungo strade o i viali. A tale crescente interesse non corrisponde però una cultura diffusa dell’aspetto anche produttivo dei frutteti, necessaria per prendersi cura e valorizzare adeguatamente il ricco patrimonio delle colture arboree da frutto presenti, spesso troppo trascurate.